In un Paese quale il nostro, fortemente caratterizzato per la sua vocazione turistica e che in molte sue Regioni e Province vede ogni anno avviarsi o incrementarsi i flussi proprio in questo periodo dell’anno, con conseguente riapertura stagionale di molte delle sue attività ricettive, tra le varie questioni giuridiche che si è reso necessario approfondire, sin dalla entrata in vigore delle prime misure adottate per fronteggiare l’emergenza da Covid-19, vi è stata quella relativa alla sorte dei contratti in precedenza stipulati e alla disciplina applicabile ai casi di oggettiva impossibilità delle prestazioni derivante dalle restrizioni imposte dalle autorità pubbliche per contenere la diffusione del virus.
In particolare, appariva indispensabile fornire una univoca chiave di lettura delle specifiche disposizioni introdotte con la decretazione d’urgenza in materia di rimborso dei titoli di viaggio e pacchetti turistici (art. 28 D.L. 2 marzo 2020, n. 9), cui si sono aggiunte quelle relative ai contratti di soggiorno (contenute nel successivo D.L. 17 marzo 2020, n. 17, all’art. 88, il quale ha altresì disciplinato i casi di risoluzione dei contratti di acquisto di biglietti per spettacoli, musei e altri luoghi della cultura).
Va precisato che, in sede di conversione del secondo D.L., è prevista l’abrogazione (tra gli altri) del D.L. 2 marzo 2020, n. 9, ma sono stati espressamente dichiarati validi gli atti ed i provvedimenti adottati e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo (art. 1, comma 2, d.d.l. di conversione).
Il disegno di legge di conversione ha inoltre disciplinato – con l’art. 88 – le sole ipotesi di rimborso di titoli di acquisto di biglietti per spettacoli, musei e altri luoghi della cultura, mentre ha fatto confluire in un separato articolo – l’art. 88 bis – la disciplina del rimborso di titoli di viaggio, di soggiorno e di pacchetti turistici (sulla quale si concentrerà la nostra attenzione).
Anticipando qui le conclusioni delle presenti note, può agevolmente assumersi che la volontà del legislatore sia stata chiaramente espressa nel senso di considerare equivalente al rimborso e pertanto, pienamente liberatoria, l’emissione del voucher da parte del vettore, della struttura ricettiva, dell’organizzatore di pacchetti turistici (e degli altri soggetti indicati nella disposizione), ed irrilevante il dissenso eventualmente espresso – rispetto a tale opzione – dal destinatario. In buona sostanza, la scelta della modalità di rimborso, con preferenza eventualmente accordata al voucher, è rimessa alla determinazione non già del richiedente il rimborso, ma del soggetto tenuto alla restituzione.
Adoperando innanzitutto il fondamentale canone di ermeneutica sancito dall’art. 12 preleggi, alle disposizioni in questione non può attribuirsi altro senso se non quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse. Sul piano strettamente testuale, già l’art. 28 del D.L. 2 marzo 2020, n. 9, in relazione a ciascuna delle fattispecie disciplinate, non lasciava adito ad incertezze:
“Il vettore, entro quindici giorni dalla comunicazione di cui al comma 2, procede al rimborso del corrispettivo versato per il titolo di viaggio ovvero all’emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall’emissione (comma 3).
In caso di recesso, l’organizzatore può offrire al viaggiatore un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore, può procedere al rimborso nei termini previsti dai commi 4 e 6 dell’articolo 41 del citato decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, oppure può emettere un voucher, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante (comma 5, secondo periodo).
In relazione alle ipotesi disciplinate dall’articolo 1, comma 2, lettera f), del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, il rimborso può essere effettuato anche mediante l’emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall’emissione (comma 6).
Nei casi di cui ai commi 5 e 6, il vettore procede al rimborso del corrispettivo versato per il titolo di viaggio in favore dell’organizzatore ovvero all’emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall’emissione (comma 7).
Il rimborso può essere effettuato anche mediante l’emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall’emissione (comma 9, relativo ai viaggi di istruzione)”.
Come si può facilmente osservare, l’emissione del voucher è sempre contemplata come ipotesi alternativa al rimborso materiale del corrispettivo e non è mai, in alcun modo, condizionata ad una scelta del richiedente.
Anche a non voler considerare il carattere inequivoco della norma, una interpretazione logica della stessa conduce nella medesima direzione. L’esatta comprensione della volontà del legislatore d’urgenza non può non passare per il preliminare esame del quadro emergenziale nel quale si inseriscono disposizioni come quelle relative alla disciplina delle modalità di rimborso. Scopo di tali disposizioni, che di certo si connotano anche per la loro portata in parte derogatoria rispetto alle regole generali e a quelle dettate dal Codice del Consumo, è quello di fornire “misure di sostegno economico” proporzionate alla gravità della situazione e che, tenuto conto delle ricadute economiche su alcuni dei comparti più colpiti, possano contemperare, in un’ottica solidaristica che trova il suo fondamento nell’art. 2 della Costituzione, le esigenze delle imprese e quelle dei consumatori.
Se tale scopo sarà concretamente raggiunto non è possibile prevederlo con assoluta certezza ma, in ogni caso, esso attiene ad una scelta di politica legislativa che, dato il contesto straordinario di emergenza, assume i connotati di ragionevolezza che valgono a giustificarla, ponendola al riparo da una delle censure più prevedibili, quella che ipotizza un contrasto con norme provenienti da fonti di rango sovraordinato.
Il d.d.l. di conversione, approvato dal Senato con modifiche e quindi, in via definitiva, dalla Camera dei Deputati nella seduta del 24 aprile 2020, è intervenuto per cancellare definitivamente dubbi sulla piena equipollenza tra voucher e restituzione materiale del corrispettivo, prevedendo testualmente, al comma 12 dell’art. 88 bis, che “l’emissione dei voucher previsti dal presente articolo assolve i correlativi obblighi di rimborso e non richiede alcuna forma di accettazione da parte del destinatario”.
In conclusione le disposizioni in esame non lasciano spazio a soluzioni ermeneutiche diverse da quelle che risultavano evidenti già ad un esame testuale delle stesse. Il legislatore, in sede di conversione del D.L. e con la precisazione contenuta nel comma 12 dell’art. 88 bis cit., ha sgombrato il campo da ogni possibile equivoco: l’emissione del voucher, nei casi disciplinati dalla norma, assolve l’obbligo di rimborso ed è opzione alternativa alla restituzione del corrispettivo che non richiede il consenso del richiedente.