Decreto Rilancio: contributo a fondo perduto

Il Decreto Rilancio prevede la concessione di un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti esercenti attività d’impresa, di lavoro autonomo, di reddito agrario nonché titolari di partita IVA, al fine di sostenerli nell’emergenza epidemiologica “Covid-19”.

Soggetti esclusi. Non possono ricevere il contributo a fondo perduto:

  • i soggetti che hanno cessato l’attività entro il 31 marzo 2020;
  • gli enti pubblici;
  • chi svolge attività previdenziali, assistenziali e sanitarie attraverso enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le aziende sanitarie locali, nonché le attività previdenziali e assistenziali svolte da enti privati di previdenza obbligatoria;
  • gli intermediari finanziari definiti dall’articolo 162 bis del TUIR 917/86;
  • i liberi professionisti titolari di partita IVA attiva e i lavoratori  titolari  di  rapporti  di collaborazione coordinata e continuativa attivi, iscritti alla Gestione separata;
  • i lavoratori iscritti al  Fondo  pensioni  Lavoratori  dello spettacolo;
  • i lavoratori dipendenti e autonomi (come i professionisti iscritti agli Albi o alle Casse private) che, in  conseguenza  dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, abbiano cessato, ridotto o sospeso la loro attività e abbiano percepito il reddito di ultima istanza. Si vuole qui ricordare che, con il decreto interministeriale datato 28 marzo 2020, sono stati definiti i requisiti economici di accesso all’indennità di marzo, destinata ai professionisti con reddito complessivo nel 2018 non superiore a 35mila euro la cui attività sia stata limitata in conseguenza del Coronavirus e quelli con reddito tra 35mila e 50mila euro che abbiano cessato l’attività tra il 23 febbraio e il 31 marzo o l’abbiano ridotta o sospesa con conseguente calo di almeno il 33% del reddito del primo trimestre 2020 rispetto a quello del 2019.

Soggetti ammessi. Possono ricevere i contributi a fondo perduto:

  • gli esercenti attività d’impresa;
  • i lavoratori autonomi;
  • i titolari di reddito agrario.

Requisiti. Per poterne usufruire occorre:

  • essere titolari di partita IVA attiva;
  • non aver percepito ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta 2019;
  • che l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 siano inferiori ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019.

Il contributo spetta, indipendentemente dal requisito del calo del fatturato, ai soggetti che hanno iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019 e ai soggetti che, a far data dall’insorgenza dell’evento calamitoso, hanno il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di comuni colpiti dai predetti eventi i cui stati di emergenza erano ancora in atto alla data di dichiarazione dello stato di emergenza Covid-19 (zone rosse chiuse prima del lockdown).

Ammontare del contributo. È determinato applicando una percentuale alla differenza tra l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 e l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019, pari al:

  • 20% per i soggetti con ricavi o compensi non superiori a 400.000 euro nel periodo d’imposta 2019;
  • 15% per i soggetti con ricavi o compensi superiori a 400.000 euro e fino a 1 milione di euro nel periodo d’imposta 2019;
  • 10% per i soggetti con ricavi o compensi superiori a 1 milione di euro e fino a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta 2019.

L’ammontare dell’indennizzo avrà comunque un tetto minimo. Sarà riconosciuto per un importo:

– non inferiore a 1.000 euro per le persone fisiche;

– non inferiore a 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.

Procedimento. Per ottenere il contributo a fondo perduto, i soggetti interessati dovranno presentare, esclusivamente in via telematica, un’apposita istanza all’Agenzia delle Entrate con l’indicazione della sussistenza dei requisiti, entro 60 giorni dalla data di avvio della procedura telematica che verrà definita con un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate. L’istanza deve contenere anche l’autocertificazione di regolarità antimafia che verrà successivamente verificata nella Banca Dati.

Sanzioni. Qualora il contributo sia in tutto o in parte non spettante, anche a seguito del mancato superamento della verifica antimafia, l’Agenzia delle Entrate, oltre al recupero del contributo, applica la sanzione dal cento al duecento per cento della misura del contributo percepito, con applicazione degli interessi pari al 4%; viene inoltre applicato l’articolo 316 ter del Codice Penale che prevede la reclusione da sei mesi a tre anni. 

Qualora dalla verifica effettuata dall’Agenzia delle Entrate risulti a carico di taluno dei soggetti indicati la sussistenza di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto, nonché di sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, colui che ha rilasciato l’autocertificazione di regolarità antimafia è punito con la reclusione da due anni a sei anni.

ESEMPI E CASI PARTICOLARI

1 – Un’azienda ha fatturato ad aprile 2019 circa 12.000 euro; ad aprile 2020 ha fatturato 2.000 euro. Nel 2019 l’azienda ha avuto ricavi inferiori ai 100.000 euro. Pertanto, ha diritto ad un contributo a fondo perduto pari al 20% di 10.000 euro, ovvero 2.000 euro.

2 – Una società ha fatturato ad aprile 2019 circa 80.000 euro; ad aprile 2020 non fatturato in quanto ha dovuto chiudere temporaneamente l’attività. Nel 2019 la società ha avuto ricavi per 850.000 euro. Pertanto, la società ha diritto ad un contributo a fondo perduto pari al 15% di 80.000 euro, pari a 12.000 euro.

3 – Un imprenditore titolare di una ditta individuale ha iniziato l’attività il 2 gennaio 2019 e ad aprile del 2019 ha avuto corrispettivi per 4.000 euro; ad aprile 2020 ha avuto corrispettivi per 3.500 euro. In considerazione che non si applica il confronto con l’anno precedente, avrà diritto al minimo di 1.000 euro.

4 – Un avvocato nel mese di aprile 2019 ha avuto onorari per circa 6.000 euro; ad aprile 2020 ha emesso parcelle per 1.000 euro. Nel 2018 ha avuto un reddito pari a 60.000 euro. Poiché in base al reddito dichiarato non ha potuto percepire il reddito di ultima istanza, rientra tra coloro che possono percepire il contributo a fondo perduto, calcolato in base alle regole previste. Pertanto, all’avvocato spetterà il 20% della differenza tra 6.000 euro e 1.000 euro, cioè il 20% di 5.000 euro pari a 1.000 euro.

5 – Un architetto ha emesso parcelle nell’aprile 2019 per 4.000; ad aprile 2020 ha emesso parcelle per 2.700 euro. Nel 2018 ha dichiarato redditi per 52.000 euro. Non ha quindi potuto percepire il reddito di ultima istanza in quanto ha superato il limite di 50.000 euro di reddito. Rientrerebbe in teoria nei possibili beneficiari, ma non ha i requisiti in quanto il fatturato di aprile 2020 non è inferiore ai due terzi del fatturato di aprile 2019. Pertanto ne è escluso.

6 – Un commercialista ha fatturato ad aprile 2019 circa 5.000 euro; ad aprile 2020 fattura solo 2.000 euro. Nel 2018 ha dichiarato redditi per 45.000 euro. Pur rientrando nel limite massimo del reddito per poter percepire il reddito di ultima istanza, non ne ha usufruito per aver fatturato nel primo trimestre 2020 il 50% del fatturato del primo trimestre 2019. Rientra nei beneficiari del contributo a fondo perduto. Poiché in aprile 2020 ha fatturato meno di due terzi di quello di aprile 2019, otterrà 1.000 euro in quanto il 20% della differenza tra 5.000 euro e 2.000 euro, cioè 3.000 euro, è pari a 600 euro.

7 – Una società ha fatturato nell’aprile 2019 circa 400.000 euro; nel 2020, sempre in aprile, ha fatturato circa 20.000 euro. Nel 2019 la società ha fatturato circa 4.800.000 euro. Il 15 marzo 2020 ha cessato l’attività. Se non avesse chiuso, avrebbe potuto percepire il 10% della differenza tra 400.000 euro e 20.000 euro, cioè 38.000 euro. Ma la cessazione dell’attività preclude l’accesso al contributo.

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