Note critiche alla sentenza della Corte di Cassazione su n. 16303/2018


La sentenza della Corte di Cassazione SU n. 16303/2018 ha composto il contrasto sorto all’interno della I sezione in ordine alla rilevanza delle commissioni di massimo scoperto (cms) ai fini dell’accertamento del superamento del tasso soglia usura in relazione alle condizioni economiche concretamente applicate al rapporto prima dell’emissione del D. L. 185/2008.

Tale contrasto si è originato in quanto il Tasso Effettivo Globale (TEG) contenuto nei decreti ministeriali decreti attuativi della L. 108/96 che fissano la Soglia Usura (sino all’entrata in vigore del D. L. 1085/2008) non includevano la cms.

E ciò in quanto le Istruzioni per la Rilevazione del Tasso Effettivo Globale Medio ai sensi della legge sull’usura sino a quelle del 2006 prevedevano, al paragrafo C5, una separata rilevazione della cms espressa in termini percentuali (il calcolo della percentuale andava effettuato rapportando l’importo della commissione effettivamente percepita all’ammontare massimo scoperto sul quale è stata applicata).

L’oggetto della rilevazione per ciascuna categoria di operazioni in corrispondenza delle previste classi d’importo doveva essere (par. C1):

  1. il TEG espresso su base annua praticato in media dall’intermediario (calcolato come media aritmetica semplice)
  2. il numero dei rapporti che hanno concorso alla determinazione del TEG
  3. la media aritmetica semplice della percentuale della cms nei casi in cui è stata
    effettivamente applicata
  4. il numero dei rapporti sui quali è stata calcolata la percentuale media della cms

Il primo principio espresso dalla Corte risulta essere che la commissione di massimo scoperto deve necessariamente rientrare tra le commissioni e remunerazioni del credito di cui all’art. 644 IV comma c.p. e alla L. 108/96, art. 2 I comma, in quanto tale commissione viene definita come “corrispettivo pagato dal cliente per compensare l’intermediario dell’onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell’utilizzo dello scoperto di conto… calcolato in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento” (Istruzioni per la Rilevazione del Tasso Effettivo Globale Medio ai sensi della legge sull’usura del 2001 e sino a quelle del 2006).

La mancata rilevazione delle cms, però, comporterebbe un problema di omogeneità e di simmetria
fra gli elementi rilevati al fine di calcolare il TEG e gli elementi rilevanti al fine dell’accertamento del
superamento del tasso soglia usura.

La Corte rileva, poi, che i decreti ministeriali danno atto dell’ammontare medio delle cms espresso in termini percentuali con separata indicazione e, per tale motivo, gli stessi non possono essere considerati illegittimi.

La presenza di tale dato, quindi, consentirebbe la piena comparazione tra i corrispettivi della prestazione creditizia praticati in concreto e il tasso soglia.

Le cms e il TEG dovrebbero, quindi, essere oggetto di comparazione separata ma coordinata.

Per tale motivo, la Corte fa proprie le modalità di verifica suggerite dalla Banca d’Italia con il Bollettino di Vigilanza n. 12 del dicembre 2005 ed esprime il seguente principio: “Con riferimento ai rapporti svoltisi, in tutto o in parte, nel periodo anteriore all’entrate in vigore delle disposizioni di cui all’art. 2 bis d.l. n. 185 del 2008, inserito dalla legge di conversione n. 2 del 2009, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell’usura presunta come determinato in base alle disposizioni della l. n. 108 del 1996, va effettuata la separata comparazione del tasso effettivo globale d’interesse praticato in concreto e della commissione di massimo scoperto (CMS) eventualmente applicata – intesa quale commissione calcolata in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento – rispettivamente con il tasso soglia e con la “CMS soglia”, calcolata aumentando della metà la percentuale della CMS media indicata nei decreti ministeriali emanati ai sensi dell’art. 2, comma 1, della predetta legge 108, compensandosi, poi, l’importo della eventuale eccedenza della CMS in concreto praticata, rispetto a quello della CMS rientrante nella soglie, con il “margine” degli interessi eventualmente residuo, pari alla differenza tra l’importo degli stessi rientrante nella soglia di legge e quello degli interessi in concreto praticati”.

Le argomentazione della Corte, però, non convincono per i seguenti motivi:

1. impossibilità di accertare l’usura al momento genetico del patto creditizio.
Il principio espresso dalla sentenza in commento e la formula della Banca d’Italia per il calcolo del TEG in relazione agli affidamenti e al factoring (par. C3) potrebbero essere utilizzati esclusivamente al fine di accertare il superamento del tasso soglia usura in relazione alle condizioni economiche concretamente applicate nel corso del rapporto in quanto prevedono elementi ricavabili esclusivamente dagli estratti scalari.

Tali elementi risultano essere:

  • interessi, dati dalle competenze di pertinenza del trimestre di riferimento
  • numeri debitori, dati dal prodotto fra capitali e giorni (anche questi ultimi dati sono presenti esclusivamente negli scalari)
  • oneri applicati nel trimestre
  • cms applicata sul massimo scoperto (anche tale ultimo dato ricavabile esclusivamente dagli estratti conto)

Emerge pacificamente che il principio e la formula non possono essere utilizzati al fine di accertare le condizioni economiche relative al momento genetico del contratto. Al fine di effettuare tale verifica (come richiesta dalla legge ed anche dalla sentenza Corte di Cassazione SU 24675/2017) è necessario utilizzare la formula del TAEG prevista dalla Banca d’Italia per i finanziamenti con piano di ammortamento predefinito (par.C3. b)

2. Mancata omogeneità tra le rilevazioni delle cms e dei TEG
Il principio espresso dalla Corte dipende dall’esigenza di omogeneità e simmetria fra i dati rilevati e il tasso soglia. Ma la cms – così come rilevata nei decreti ministeriali – e gli interessi non sono dati omogenei per i seguenti motivi:

  • differenti operazioni rilevate:
    La rilevazione della cms è circoscritta esclusivamente alle operazioni sulle quali è applicata e, quindi, non per tutte le operazioni per le quali viene rilevato l’interesse.

    Ciò significa che, se su 1.000 rapporti 200 presentano una cms media dello 0,50%, l’incidenza media della cms nella categoria reale è dello 0,10% mentre per la Banca d’Italia è 0,50%

    La media che risulta dalle rilevazioni della Banca d’Italia non rappresenta, quindi, il costo della cms mediamente praticata ma rappresenta, esclusivamente, la cms media sui rapporti ai quali viene applicata.

    Le operazioni per le quali il costo delle cms è nullo sono escluse dal computo della relativa media ma, al contrario, sono comprese nel computo del TEG.

    Di conseguenza, l’algoritmo impiegato dalla Banca d’Italia conduce ad un’impropria sopravvalutazione dell’incidenza della cms media che si riflette, parallelamente, in un minor margine da compensare con i minor interessi.

    Inoltre, l’aliquota media delle cms è determinata sulla media delle posizioni rientranti in categorie e classi d’importo diversi, per i quali vengono rilevate distinte soglie di interesse.

    La L. 108/96 prevede una soglia d’usura, distinta per ciascuna delle specifiche categorie omogenee individuate annualmente dal Ministero dell’Economia, in base alla natura, all’oggetto, all’importo, alla durata, ai rischi ed alle garanzie, riferite alle operazioni di credito.

    Secondo lo schema indicato dalla sentenza in commento, si introdurrebbe surrettiziamente, per una medesima operazione, oltre ad un tasso soglia, calcolato in ragione d’anno e distinto per importo, una commissione soglia, calcolata in ragione trimestrale e senza distinzione d’importo, di durata, di rischio e di garanzia.

    Un esempio può risultare illustrativo. Se una banca, in un trimestre, intrattiene n. 10 aperture di credito di cui n. 8 con applicazione di cms dello 0,50%, n. 10 affidamenti per anticipo fatture di cui n. 4 dello 0,50% con cms e n. 10 factoring di cui n. 2 con cms dello 0,50%, la cms media viene calcolata come unica media delle sole operazioni che riportano tale onere nelle tre categorie considerate. Di conseguenza, la cms risulta essere pari allo 0,50% calcolata come
    media su 14 rapporti (8 + 4 + 2).

    In realtà, la cms media corretta risulta essere, per ciascuna categoria, 0,4% per apertura di credito, 0,2% per l’affidamento anticipo fatture e dello 0,1% per il factoring.

  • Disomogeneità temporale
    Le Istruzioni della Banca d’Italia prevedevano la rilevazione del tasso d’interesse applicato in ragione d’anno e la rilevazione delle cms applicata in ragione al trimestre.

    La L. 108/96 prevede espressamente che il TEG debba essere riferito all’anno.
    Seguendo l’esigenza di omogeneità o simmetria indicata dalla Corte, se si deve calcolare un dato annuo non si può tener conto di un valore trimestrale, ovverosia la cms trimestrale, ma tale dato va annualizzato.

    Infatti, non si può non tener conto che la cms viene applicata nei rapporti di conto corrente quattro volte l’anno e, pertanto, è necessario rendere annuo il valore della cms trimestrale (peraltro come successivamente indicato nelle Istruzioni Banca d’Italia dell’agosto 2009 in riferimento alle Commissioni di Disponibilità Fondi, che ha sostituito in sostanza la commissione di massimo scoperto, e per gli ulteriori oneri).

    In ragione d’anno, per la cms l’incidenza era di quattro volte l’aliquota comunicata.
    Oltre a ciò, è necessario considerare anche la capitalizzazione trimestrale delle cms, la quale, oltre a riflettersi direttamente sull’ammontare annuale complessivo delle cms, incrementa ulteriormente gli interessi.

Infine, la rilevazione dei tassi e delle cms non è oggetto di alcuna pubblicazione in dettaglio, non è presidiata da alcuna sanzione in caso di omessa o errata segnalazione, né risulta che il MEF, al quale la legge affida il compito, abbia mai condotto accertamenti sull’attendibilità e correttezza dei dati segnalati.

3. L’usura viene a dipendere dalla natura dell’addebito
Con il principio espresso dalla Corte di Cassazione la presenza o meno dell’usura viene a dipendere anche dalla natura del titolo dell’addebito operato – interessi e cms – e non esclusivamente dall’ammontare del corrispettivo richiesto per il credito erogato.

Per il rispetto dell’art. 644 c.p. assume rilievo esclusivamente il costo complessivo e il nomen juris delle distinte componenti è espressamente tenuto per irrilevante.

La presenza dell’usura non può essere determinata dalla natura dell’addebito in quanto, diversamente, si creerebbe un agevole varco all’elisione in quanto uno stesso importo riconosciuto per il credito erogato, se addebitato a titolo di interesse può risultare usurario e, al contrario, risultare entro la soglia se addebitato in parte come interesse ed in part come cms.

Un esempio può risultare illustrativo, partendo dai seguenti dati:

  • tasso sogli usura categoria apertura di credito in c/c pari al 10%
  • cms media pari allo 0,75% e, quindi, tasso soglia usura cms pari a 1,125%

Con l’applicazione di un tasso d’interesse dell’11% senza alcuna cms si ha superamento del tasso soglia usura, mentre con l’applicazione di un tasso d’interesse del 10% e cms trimestrale dell’1% non si avrebbe superamento del tasso soglia usura.

Inoltre, nella seconda circostanza, l’effettivo costo del credito in ragione d’anno, definito nei termini dell’art. 644 IV comma c.p., risulterebbe più elevato (maggiore del 14%) in quanto, come già detto, la cms è calcolata su base trimestrale e non annuale e sullo scoperto massimo e non medio.

4. Mancanza di una regola legislativa di omogeneità dei dati in comparazione
La vigente legge antiusura non esplica, né suppone in via necessaria, una regola di omogeneità
dei dati di comparazione.

La verifica del TEG ex art. 644 c.p. ricomprende ogni remunerazione – anche relativa ai costi della patologia – associata all’erogazione del credito, mentre la rilevazione del TEGM ricomprende esclusivamente i costi fisiologici.

La verifica e la rilevazione assolvono a funzioni diverse, alle quali tecnicamente non possono che corrispondere calcoli e modalità di inclusione diversi, accostati ma non identici.

La verifica dell’usura rimane immutabile nella sua determinazione del costo, certa e unicamente determinata, mentre la rilevazione è rivolta a cogliere una stima statistica, attraverso modelli che mutano nel tempo a seguito dell’evoluzione del mercato (per tale motivo vi sono dieci versioni delle Istruzioni della Banca d’Italia).

Inoltre, la rilevazione costituisce una parte rilevante ma non esaustiva della determinazione della soglia usura, infatti le sogli pubblicate sono state integrate sulla base delle variazioni del tasso di riferimento BCE.

Ben può accadere, dunque, che l’aggregato dei costi ricompresi nel TEGM possa non esaurire tutti i possibili costi che rispondono al principio dell’art. 644 c.p.

Conclusioni
Dagli aspetti sopra elencati appare evidente che si sottrae determinatezza e tassatività alla norma penale se, da un lato, con scelte discrezionali, marcatamente opache e soggettive, si modificano e accomodano i criteri, le categorie di credito, le rilevazioni statiche e si indirizzano i criteri di inclusione e, dall’altro lato, si antepone il principio di omogeneità e simmetria delle Istruzioni ai principi di onnicomprensività, rigorosa misurazione e inderogabilità disposti dall’art. 644 c.p.

Per i soggetti interessati (clienti e banca) assume rilievo esclusivamente il costo effettivo annuo onnicomprensivo di ogni onere – compresa la cms – cioè il TAEG (il quale costituisce il costo per l’uno e il ricavo per l’altro) e non anche il TEG o la cms soglia.

Ogni artificio ermeneutico o principio di diritto volti a dissipare, attraverso le articolate Istruzioni della Banca d’Italia, tale principio finanziario, comportano una totale elusione delle norme imperative riducendo il presidio dell’usura ad una farsa.

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